Il mare del golfo quando è fermo
non sembra mare, pare cielo;
nel biancore opaco del mattino
chi va e chi viene, l’atmosfera è frenetica,
i vecchi battelli sono quasi pronti
al fischio di partenza.
Il marinaio Natòli
era come un pesce:
fuori dell’acqua non sa starci,
chi è nato pesce il mare l’aspetta.
Oggi è sull’Eolo
domani sul Lipari,
doman l’altro sullo Stromboli
e poi sul Vulcano;
lasciava l’isola saldata alla terra
per andare verso l’arcipelago
del re dei venti.
Quando tre fischi vibravano nell’aria
e l’isola sembrava venirti addosso,
sbucava dalla parte bassa del battello
con uno straccio unto in mano
canottiera macchiata di grasso
pantaloni lunghi arrotolati.
Giù la scala Gridava,
per tramutar la gente in barca,
poi la carrucola
per calar la pecora o la capra,
o altra merce che nell’isola era assente.
Il suo pensiero era fisso
a quella stanzetta sulla spiaggia
con gli attrezzi assetati d’acqua di mare,
nell’isola dove il sole,il vento e le maree
mutano l’acqua imprigionata in sale marino.
Mentre l’onda manda a riva il suo mormorio,
la barca a secco su due legni
aspettava,aspettava,
come la donna da lungo tempo
senza volerlo guarda la viuzza
che porta al mare:
forse arriva oggi il suo marinaio!
Qua e là i vecchi pescatori
seduti a gambe larghe
riparavano le reti.
Le mani facevano da sole,
gli occhi vedevano poco,
quello che c’era da vedere
le mani l’avevano già imparato.
Per la prima volta
avevo l’età con doppia cifra
un traguardo solenne;
veniva la notte buona
e lui mi dava una maglia grezza
che pizzicava addosso.
Remavo come potevo,
lui immorsava le esche
e una dopo l’altra
le calava a mare.
L’isola era lontana
un mucchietto di luci;
sdraiato sulla corda dell’ancora
guardavo girar le stelle:
erano cosi limpide, sembravano lavate,
la schiena oscillava pian piano
al ritmo delle onde.
La notte era chiara
fresca e penetrante
non c’era luna,
lontano qualche scheggia
precipitava in fiamme
spegnendosi prima di bagnarsi.
Gli occhi a stento stavano aperti
ma l’aria in caduta li chiudeva,
mi ritrovavo dentro un sonno breve
interrotto da una scrollata di mare.
Aspettando l’atto finale,
me ne andavo dietro ai miei pensieri
che arrivavano da lontano …
e se ne vanno come
la barca e l’onda,
ci passano sotto e la fanno oscillare.
Lento lento un principio di grigio
stringeva il punto a oriente,
da lì iniziava lo sfascio del buio,
saliva il chiaro dal basso,
quando sulla barca si vedevano le mani
era l’ora del raccolto.
Un segno e m’indicava il cambio di remata,
saliva a bordo il pesce catturato,
batteva la coda sul legno,
l’ultima difesa.
Quando il sole sgusciava dal mare
il marinaio riprendeva il comando,
filava dritto verso la terra
con un cuore più grande del mare;
quella barca saltava le onde
come un cefalo innamorato.
[Agosto 2012] Salvatore De Pasquale